Due leggende calcistiche sul viale dei ricordi…
Miei cari lettori, ci troviamo qui oggi come su un campo di calcio epico, dove due titani del nostalgico pallone hanno intrecciato le loro vite: Vladimiro Caminiti e Salvatore Giglio. No, non siamo in un romanzo alla Gozzano, ma in una satira calcistica da fumetto! Caminiti, penna deliziosa di Tuttosport e poeta del bianconero, ci ha salutati nel lontano ’93, vagando tra gli stadi con l’ardore di un cucciolo juventino affamato di gol. E chi era il compagno ideale di tante maratone fotografiche? Salvatore Giglio, l’artista dell’obiettivo, che ha messo in rullino l’anima della Vecchia Signora e che ci ha detto addio di recente, come una sfumatura di Platini che vola a Tokyo.
Ma questi due eroi, nati entrambi nella magica e poliedrica Palermo, con la sua luce abbagliante e il miele di mille meraviglie, sono stati dei moderni argonauti. Con torri di carta e obiettivi d’argento, hanno navigato su Torino, culla del Boom Economico, per avventurarsi sotto l’ombra della Grande Fabbrica. Qui hanno inseguito sogni all’ultimo rigore, desideravano essere portieri! Sì, proprio quel ruolo che solo scrittori come Camus e rivoluzionari come il Che Guevara sanno ammantare di gloria e mistero.
Nei loro appunti e foto, si respiravano cuori grandi come spalti di stadi pieni di tifosi scalmanati, e i loro nomi sono scolpiti nelle pagine più preziose della storia del calcio italiano. Quelle rullate in bianco e nero che viaggiano lungo la dorsale di una “strana saudade”, quella sensazione mista tra una sconfitta e la vittoria al novantesimo minuto, e che ora, ci porterà a conservare i bei ricordi tra appassionate battute e nostalgiche risate calcistiche.